Perché un tifoso del calcio a 5, il futsal, dovrebbe guardare il football americano. Quello che si gioca in USA. La sua passione per il rimbalzo controllato, per i palloni che si sgonfiano a caso, come le mirabolanti uscite di molti dirigenti, rimarrebbe intatta. Si vive benissimo anche seguendo il Padel Tour.
Provo a spiegarvi perché resto incollato allo schermo per nottate intere. A guardare perfino le partite tra squadre delle scuole superiori americane su ESPN 2. Ci sono alcuni elementi unici che caratterizzano il football americano, fattori agonistici e emozionali.
Nessuno sport al mondo è praticato da un numero fisso di atleti professionisti. Milleseicento novantasei, 1696. Questo è il numero di giocatori professionisti, nella NFL, la National Football League. Nessuno sport ha un seguito così grande a fronte di un numero di praticanti professionisti così limitato. L’interesse per la finale di campionato, il SuperBowl resta inarrivabile. La capacità di penetrare i mercati a livello globale supera anche il calcio.
Chi vince quel titolo è nei fatti “campione del mondo”.
Negli Stati Uniti, la stragrande maggioranza dei praticanti, smette di giocare a livello competitivo il football americano a 17 anni. L’ultimo anno di High School. Pensate se doveste smettere di giocare a calcio una volta raggiunta la maggiore età.
Perché accade? Potrei rispondere con semplicità: “è la natura di questo sport”. Nel tentativo però di raccogliere in poche parole, una idea complessa di sport, provo così. Una squadra di football è composta da 53 giocatori. In campo vanno 11 atleti in attacco e 11 in difesa, possibilmente diversi. L’attrezzatura per giocarla ha un prezzo decisamente elevato. Ci vogliono almeno 7 arbitri. Quindi una partita coinvolge circa sessanta persone. Non ha esattamente un costo esiguo. Non bastano due bottiglie a fare da porta.
Quindi, se non siete abbastanza bravi per giocare “at the next level”, i vostri giorni con indosso casco e spalliera sono definiti all’interno di un numero finito di possibilità. Questo aggiunge un elemento emotitivo d’unicità, d’urgenza, d’agonismo all’evento. Il “Friday Night”, il venerdì sera è quando si giocano le partite tra scuole superiori, diventa un momento magico perché irripetibile.
Homecoming. L’ultima partita in casa dei giocatori all’ultimo anno diventa un evento. Ha un nome suo, un momento di commiato, nel quale è meglio non avere rimpianti. Ora provate ad immaginate che il vostro allenatore vi dica che non giocherete mai più a calcio, in una squadra vera, per il resto della vostra vita. Questa è la vostra ultima partita.
Non il calcio giocato per strada, quello in spiaggia. Un mondo senza la terza categoria, i campionati UISP, CSI e tutte le altre sigle. Niente torneo con in palio una porchetta. Vi resta dentro, s’incastra in mezzo al cuore, il ricordo di quei giorni. Sentite ancora il dolore dei colpi, quando ci pensate. Potete rassicurare distrattamente la vostra amica: “non è così brutto e solo il rumore delle protezioni”, quando dal vostro schermo da 70 pollici esplode il fragore di un tackle.
Il football americano ha una componente tattica molto complessa ma Go, il gioco cinese con le pedine bianche e nere lo è forse anche di più. Aborro anche solo l’idea che esista uno sport più bello di altri, non ho intenzione quindi di percorrere quella strada.
Tutti gli sport sono belli, perché unici. Alcuni però risuonano nel nostro cuore in maniera diversa. Il football americano è questo per me. Una infinita miniera di storie, come se fosse una biblioteca senza fine, piena di libri che voglio leggere.
Venerdì: High School, Sabato: College Football, Domenica: NFL. Una stagione che parte a Settembre e termina a Gennaio.