Incroci di vita: Leo

“Don’t cry because it’s over. Smile because it happened”

Non è facile credere a quelle parole e credo nessuno supponga che debba esserlo. Le ho prese a prestito, non ricordo nemmeno dove, sono in quella lista di post it virtuali che conservo per non dimenticare quelle parole importanti, così da non doverne cercare altre.

Ci si conosce tutti nel football americano, in quello italiano. In una città come Pescara che sembra grande ma non lo è così tanto, questa dimensione personale, aumenta. Ci sono quegli avvenimenti, che ti lasciano così a fissare lo schermo, quelle poche parole che leggi e rileggi per capirne bene il significato.

Leo Lupo, Matteo Lupo, Natascia, Karen, le Lobsters. Le vite circolari, i momenti che cambiano per sempre il percorso della vita, dei pensieri e si anche delle parole. “il bene sovente, rimane sepolto con le ossa.. e sia così con Cesare”. Meno spesso appunto, il bene s’attacca alle vite di altri. Si moltiplica e percorre strade che spesso ignoriamo.


Diventano un Cigno Nero, quell’avvenimento che non dovrebbe accadere e invece poi si verifica. Tutti capaci di spiegarlo  a posteriori. Quel momento che cambia tutto. Così come su quel campo spelacchiato a Ferrara, con le mani sul volto di Karen, una immagine impressa per sempre in una foto, l’idea che queste sono storie che si possono e devono raccontare. Quelle dei protagonisti di racconti di sport ai margini dell’attenzione.

Perché un allenatore, un uomo di sport lo riconosci subito. Un giocatore avverte la differenza. Vuole che sia tu, sul campo a vincere non lui sulla linea laterale. Le sue vittorie le ha già ottenute e allora desidera che tu abbia la possibilità di vivere la sua stessa esperienza. Ci credono questi uomini così tanto che finisci che ci credi anche tu.

S’infilano in un miracolo sportivo, s’avventurano dove nessuno voleva andare davvero. Allenare una squadra di donne, che non hanno davvero idea dello sport che vogliono fortissimamente praticare. L’ho visto li quest’uomo, su un campo verde, sulle colline pescaresi, di quelli troppo vicini ad una chiesa o forse non abbastanza lontani da lasciare davvero liberi.

Ti capita di passare vicino a questi uomini, ai pezzi che hanno lasciato dentro il cuore di altri, di considerarli come parte integrante di un universo immutabile e sempre presente. Scopro che le strade di altri s’intrecciano intorno a Leo, inconsapevolmente e profondamente. Chi poteva immaginare che il medico del Futsal Pescara femminile fosse un suo amico, strane le conoscenze che incastrano ma solo alla fine.

Abbraccio quelli che restano, quelli inevitabilmente più vicini, dove il dolore fa più male. Matteo, suo fratello: con lui forse ho parlato troppo di videogame e poco d’altro.
Natascia e Karen. Loro sono i due visi accanto a quelli di Leo che sono riuscito a memorizzare. Con loro forse ho passato più tempo sul campo di quello che ho trascorso a casa. Nei parchi, sull’asfalto e negli spazi ai margini del campo sempre con quel sogno del pallone ovale ma non da rugby.

Abbiamo calpestato tutti la stessa erba, condiviso qualcosa, di così piccolo e così potente che se non importava a noi non poteva importare a nessun altro. Le mie parole per voi, sono tutto quello che ho. Non asciugheranno le lacrime ma spero v’alleggeriscano un poco il cuore.

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