M’ha tradito la batteria del portatile. Non è l’unica ad averlo fatto, deve essere una sorta di abitudine di quelli che pensano di restare impuniti. Oggi al bar era già mezza scarica e più che leggere un po’ non ho potuto fare molto altro. Ho perfino scoperto che non avevo ancora installato word e box. Un laptop che ha visto finire la mia carriera da editor, nascere AGS e perfino fatto da contenitore per gli appunti sull’acquaponica. Un fedele compagno di viaggio.
Ci sono le olimpiadi. Fabrizia Marrone, l’esterno centro ex Atoms Chieti, gioca nella manifestazione a cinque cerchi. Indossa la casacca della nazionale italiana di softball. Quanta strada da quel campo così vicino al Pala Santa Filomena che lo potevi quasi toccare. Le storie si cercano, si trovano e a volte si dissotterrano anche. Come quella di Nathalia che è cresciuta a Santos tenuta per mano dal suo fratello più grande mentre andavano insieme a giocare a pallone.
Sto leggendo un po’ di libri, perché vorrei comprendere, imparare e arricchire il linguaggio che utilizzo per raccontare questo viaggio, ora solitario. nel mondo del futsal, dello sport in generale. “Finding the game”, è quello che ha rapito gran parte del mio tempo e scoprire come si chiamano le partite organizzate per strada in Brasile è stato l’inizio di un altro viaggio. “Perché lo vuoi sapere, come l’hai trovata questa parola?”, lo stupore per una domanda, come se non ci fosse l’abitudine ad essere curiosi.
In una sera più buia delle altre, che alla fine lo sono anche i giorni, sono inciampato in un film: “Nessuno si salva da solo”, che poi è anche un romanzo di Margaret Mazzantini. L’ho visto, m’ha lasciato un magone insostenibile piantato nel petto e io ho deciso che tanto valeva ora scaricare il libro e leggerlo.
“Dio ti ha regalato un dono lo sai si?”.
No, perché non ho la tua fede, ma sono molto felice che tu l’abbia. Scrivere è come per te stoppare il pallone vicino al piede, com’è cambiare direzione all’improvviso per liberarti dell’avversario. Non ti ho mai chiesto se fa altrettanto male, perché di dolore tra i due ne abbiamo abbastanza per ancora un paio di vite. Il mio ha un suono che riconosco e che riesco a vedere, come quei demoni e non posso che riaggrapparmi a loro, che non sono mai andati via e perché sono l’unica cosa che m’è rimasta.
Ci sono i rebus, nelle stories, sulle pagine Facebook delle squadre. Perché qualcuno pensa che sia una buona idea. Voi avete mai visto la Juventus fare i rebus per presentare i giocatori? E’ sciatteria, mancanza d’ingegno, di coraggio, di creatività. Avevo preso qualche appunto per il programma radio, che poi è quasi un podcast a dire la verità. Volevo anche parlare di Linda Sembrant, il difensore svedese della Juventus Femminile, capitano della Svezia che battem dopo 42 partite utili, consecutive la nazionale a stelle e strisce. Anche di Rapinoe, che in conferenza stampa ammette: “Abbiamo fatto schifo, vergognose”. L’avete mai sentita una giocatrice di futsal che non si nasconde dietro a domande comode, che a volte sono peggio delle risposte.
Linda Sembrant è diventata il volto di questa nuova Juventus, del nuovo corso di Joe Montemurro, no non vi prendo per i fondelli. L’allenatore della Juventus Femminile si chiama, così. Finlandesi, danesi e svedesi, arrivate a rinforzare la squadra bianconera per puntare a fare bene anche in Coppa dei Campioni. Si, l’ironia dell’affermazione l’ho percepita anche io.
Le nuove arrivate sono il volto della squadra, con buona pace di tutti. Sono i giocatori migliori, spesso anche molto carine, che non guasta mai quando si deve vendere un prodotto. Non c’erano prima, ci sono ora. Intorno a loro ruota la narrazione nuova della squadra, quella di respiro europeo. Anche se si tratta solo di raccontare il torneo di golf di beneficenza al quale partecipano.
Mentre guardo l’ennesima grafica vecchia di 10 anni, influenzata da un liquido lisergico, mi chiedo: perché voi non m’avete mai raccontato di Nathalia? Eppure è in Italia da un po’. Santos, Pelè, il porto, la favelas fatta di palafitte, la bimba che cresce con i suoi fratelli, il papà pescatore come quello di Ersilia, era così difficile mettere insieme i punti? Davvero?
Più semplice l’ennesimo pezzo piatto, scialbo e pieno di luoghi comuni. Davvero non vi siete stancati di leggere: Unità, Corpo, Dio, Patria. A scusate quello era il capolavoro cinematografico: “A Few Good Men”. Forse era: “famiglia, squadra, progetto”, qualcosa del genere.
M’addormento leggendo, mi sveglie con quel libro accanto che mi ricorda che ho ancora qualcosa da imparare. Per costruire qualcosa c’è bisogno anche di questo. Ne aggiungo altri: “Under the Lights and in the Darkness”, poi altri due di Michael Lewis, quello della Mazzantini già c’è e poi m’accorgo che perfino Farming Simulator ha il suo campionato. Ci sono oltre 2000 persone a vedere gente che compete con i trattori, i trattori. Digitali, quasi finti. A volte i pupazzi digitali sono i migliori, almeno non fingono di essere altro.