Il cimitero degli elefanti

Il Brasile femminile esordisce all’Olimpiade di Tokyo schierando Marta, 35 anni, il simbolo di una generazione di giocatrici, di un movimento sportivo salito alle luci della ribalta. Nell’undici iniziale c’è Formiga, settima apparizione alla manifestazione a cinque cerchi. Quarantatré anni. Sono una marea di compleanni per una giocatrice ancora ai vertici del calcio mondiale.

Le olimpiadi per il calcio femminile sono una questione dannatamente seria, gli Stati Uniti vengono presi a calci dalla Svezia, ancora una volta in una manifestazione ufficiale e interrompono la loro striscia di 44 risultati utili consecutivi. Se il livello è così alto, perché il Brasile schiera un giocatore decisamente avanti con gli anni? Possibile che non ci sia una giocatrice con la metà dei suoi anni capace di scalzarla dalla formazione titolare? In tutto il Brasile, l’enorme paese sudamericano non c’era una atleta migliore?

Mentre campeggia a tutto schermo la foto di Marta e Formiga con la maglia verdeoro, scorrono nel mio feed di notizie alcuni degli ingaggi della Serie A maschile di calcio a 5 per la prossima stagione. Inizio a prendere appunti, sembra esserci uno strano filo conduttore che lega Formiga alla massima divisione di calcio a 5 italiana.

Una riga dopo l’altra una strana lista prende forma:

Ciampino:
Wilde – 14 aprile 1981 – 40 anni; Divanei – 10 giugno 1984 – 37 anni

Pesaro:
Honorio – 21 luglio 1983 – 38 anni

L84:
onas – 24 maggio 1984 – 37 anni

Manfredonia:
Caputo – 15 dicembre 1981 – 39 anni

Meta Catania:
Matamoros – 11 luglio 1984 – età 37 anni

Napoli:
Fortino – 30 aprile 1983 – 38 anni; Foglia – 25 aprile 1981 – 40 anni; Fernandinho – 1 luglio 1983 – 38 anni

Real San Giuseppe:
Duarte – 13 dicembre 1982 – 39 anni; Patias – 8 luglio 1985 – 36 anni

Pescara: Morgado – 19 giugno 1981 (età 40 anni)
 

C’è stato un momento nel quale i pensionati italiani andavano a trascorrere il loro meritato riposo in Portogallo, per pagare meno tasse. Ora ho l’impressione che il flusso si sia invertito e non coinvolga gli scampati alla legge Fornero.

Un campionato che arruola giocatori, più vicini al chiodo dove appendere gli scarpini che all’acquisto del primo paio, quale livello di competitività offre?
Un legittimo quesito che si solleva anche in altri ambiti, pensato solo ai dubbi sulla resa atletica e agonistica di uno svedese di quarant’anni che indosserà ancora la maglia del Milan.

I quesiti s’intrecciano, le domande si fanno più rumorose e le risposte evasive. Non discuto le capacità atletiche, quelle tecniche e perfino le conosce tattiche di questa lunga lista di grandi giocatori. Mi chiedo invece come sia possibile che siano ancora così competitivi e se lo sono davvero, perché non giocano in Spagna o Portogallo.

La Serie A offre a questi giocatori ancora un palcoscenico nel quale riescono ad essere protagonisti. Una sorta di Off-Broadway al contrario. Un palcoscenico sul quale esibirsi ancora ma di un livello tale da permettergli di essere ancora competitivi e perfino dominare. Ne consegue che questa Serie A non ha un livello tecnico, tattico e atletico, tale da mettere fuori gioco quelli che la fisiologia ha destinato ad un inevitabile declino fisico.

Una massima divisione, piena di campioni di ieri, difficilmente riuscirà a preparare i campioni di domani e quelli di oggi faranno fatica una volta varcati i confini nazionali. Anche se poi è colpa dell’albergo o della salsa di gamberi.

Con il padel che occupa lo spazio riservato a quegli sport che possono praticare tutti anche con una forma fisica nel migliore dei casi rivedibile, sarà difficile spiegare ad un pubblico potenziale, cosa ci fanno ancora in campo giocatori così stagionati.
Venderlo ad un pubblico giovane questo futsal giocato dai “vecchi” sarà una impresa improba, senza modelli ai quali ispirarsi, cosa resta a parte l’aria da dopolavoro ferroviario?

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