Futsal Pescara, era ora

Probabilmente l’abito non fa il monaco, ma forse questo vale strettamente nell’ambito monastico
La neonata formazione sportiva che raccoglie tre società sotto una nuova unica denominazione è una novità certamente benvenuta ma forse anche attesa troppo.

L’identificazione di un marchio è componente fondamentale nella relazione tra cliente, si i tifosi sono clienti e fornitore di un bene. Il logotipo, in tutte le sue componenti è parte essenziale del processo di identificazione tra tifosi e squadra.

Sventolano i colori, lo stemma quindi diventa elemento essenziale, fondante.
Ho chiesto ad alcuni amici che svolgono la propria professione nel campo della comunicazione audiovisiva di offrirmi la loro collaborazione nell’esaminare i tre vecchi simboli delle squadre.

Nel primo spicca la presenza del naming sponsor abbreviato. Questo non aiuta certo nel riconoscerlo, c’è un leone che sembra portare qualcosa tra le zampe anteriori. Si potrebbe ipotizzare un pallone da rugby a meno che con uno slancio di creatività non si immagini Goku intento a lanciare la Sfera del Drago.

Il secondo ha un lettering pessimo, il font è un corsivo addirittura su due righe e con “C/5” come identificativo dello sport. Somiglia più ad un numero civico. I colori sono quantomeno a contrasto, ma il gabbiano non ha nessun riferimento alla città sede della squadra. Potrebbe evocare la libertà del Gabbiano di Livingston, oppure il volatile che saluta le navi in prossimità della terra ferma. I più maliziosi potrebbero ricordare invece che i gabbiani oggi giorni svolazzano sulle discariche.



L’ultimo ha il naming sponsor per intero, l’indicativo della città. Rivedibile la scelta dell’abbreviazione “C5”. Il C4 ad esempio è un noto esplosivo anche ad uso militare. Si poteva fare di meglio. La tigre. A Pescara, tigri non ne ho mai viste. Forse al circo. Però così ho l’impressione che si possa dare ragione a quelli che definiscono con tono dispregiativo “giostrai” i pescaresi. La tigre potrebbe anche far pensare a Salgari, a Kabir Bedi e insomma alle tigri di Mompracen.

Benvenuto quindi il restyling. Il nuovo logo mostra un minimo di studio, di processo creativo, alla base della sua realizzazione. C’è il delfino, simbolo del Pescara Calcio, elemento imprescindibile per ogni tifoso della curva nord dell’Adriatico. Perchè “Stadio Cornacchia” non esiste alla stregua di Piazza della Rinascita esiste solo su Google Maps.
La coda del mammifero forma una P, rimando alla denominazione della squadra.
Lettering ordinato, pulito e facilmente riconoscibile. I colori sono l’ultimo anello di congiunzione con la realtà sportiva territoriale e quella particolare di queste tre squadre.
Pescara Futsal, Pescara Futsal Femminile e Academy.
Un lavoro dignitoso, funzionale e decisamente in linea con le espressioni più diffuse sul tema logo sportivo.

Ora i tifosi del calcio, potranno, se vorranno, utilizzare gli stessi colori della loro squadra del cuore e farli sventolare davanti ad altre compagini che potrebbero offrire loro più soddisfazioni di quelle che nel recentissimo passato ha offerto la Pescara Calcio. Perché se la squadra si sostiene anche nelle difficoltà della Serie C, perché non affollare gli spagli di due squadre che giocano in Serie A?

E’ già successo, c’ero su quelle gradinate. A guardare verso la curva del “Papa Giovanni” affollata con le nuove leve della Curva Nord, durante una finale scudetto di calcio a 5. Perché “nu seme nu” è una roba che qui t’insegnano da piccoli, come la rivalità con il Chieti e la Lazio. Quel delfino significa qualcosa e quel bianco e azzurro è il “colore del cielo e il colore del mare”.

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