eSport team – Dauntless

Mentre anche Shaq investe negli eSport, da queste e da altre pagine, ho sempre puntato l’attenzione nella direzione di questa nuova pratica sportiva. In realtà gli eSport racchiudono per definizione, tutti quei videogame che posso essere considerati competitivi. Non c’è molta differenza se si sfidano giocatori umani oppure si gioca contro l’ambiente di gioco (player versus environment).

I vantaggi rispetto agli sport tradizionali, li ho elencati, sono innumerevoli. Badate bene però, non asserisco che la competizione attraverso i videogames sia destinata a soppiantarli, questi ultimi restano però, una realtà in espansione. È qui e non andrà via, un po’ come il padel.

FIFA il videogame, non soppianterà il calcio. Ha creato però una realtà competitiva alternativa. Foraggiata dal calcio giocato sul campo,  la competizione digitale ne ha inglobato le dinamiche e le ha offerte ad un pubblico che non segue più lo spettacolo sportivo tradizionale come accadeva fino ad alcuni anni fa.

Queste sono ancora solo l’espressione scritta, di qualcosa che accade ora, mentre il futsal annuncia pomposamente il prossimo “boom boom” di un giocatore noto solo agli amici e ai parenti.
Ho deciso quindi di creare davvero una squadra per dimostrare, attraverso quello che in inglese si chiama “case study”, cosa è possibile fare e sviscerare così, il perché di questo successo.


Zero soldi iniziali, zero sponsor. Insomma le peggiori condizioni possibili.
Avevo bisogno di un gioco, facile, nel quale non facessi schifo. Se volevo guidare io la squadra.
Ho escluso tutti i FPS, first person shooter, ovvero sparatutto in prima persona. Lo so: COD, Valorant, Counter Strike, ho appena tagliato fuori tre dei titoli con la scena competitiva più attiva, hanno però anche una pessima community. Facendo davvero cagare, nonostante il pollice opponibile, a questi titoli, li ho esclusi fuori dalla lista.
Via anche i battle royale, per le medesime ragioni di cui sopra. Esclusi Fornite, Apex Legend e tutti i loro cloni.

Per dare la possibilità a più giocatori possibili di partecipare, deve essere cross-play. Cioè è possibile giocarlo, su console, tutte e tre e delle ultime due generazioni e dal PC.
Ho così di fatto, ristretto tantissimo la lista, lasciando fuori molti dei miei titoli preferiti: World of Wacraft, Guild Wars 2, ma di loro tornerò a parlare in futuro.

Cross-Play. Mi restano una manciata di giochi. Black Desert è un PVP all’endgame (end game è tipo una Serie A) è cross platform, però bisogna acquistarlo. Per adesso va in panchina.
Dauntless, Potrei definirlo un Monster Hunter gratis. Monster Hunter è un gioco di caccia vendutissimo, la sua prima interazione è datata 2004. Meccaniche facili, basta scaricarlo, ci si può giocare usando praticamente anche una padella senza antiaderente.

Scrivo ad Alessandro. Ha solo la Playstation 4, gioca competitivo ai giochi di corsa, senza usare uno sterzo e riesce anche a stare con i migliori. Non ci metto molto a convincerlo. Scarica il gioco.
Immaginate se avessi voluto giocare a calcetto, impossibile. Ci mancano almeno altri 8 giocatori, viviamo in due città diverse e ci dovremmo ritrovare tutti in un posto comune. Sul campo.

Cosa è accaduto invece a noi due?
“Alessandro, hai Discord?”
“Ovvio”, segue screen del suo nick. Lo aggiungo e poi digito: “allora alle 17.00 logga”.
Alle circa meno quasi, intorno alle 17.00 ci ritroviamo in gioco. Lui sulla PS4, io sulla Xbox Serie X. Lui ha appena iniziato, io ho fatto miseramente già il livello otto. Facciamo gruppo, ci lanciamo nella prima partita. Mancano due giocatori per completare il gruppo. Eccoli arrivano, aggiunti dal sistema al nostro gruppo.

Vola via la prima partita, poi un secondo incontro e appena terminato ci troviamo nel bel bezzo di un evento stagionale? Non possiamo certo sloggare ora, passa così la prima ora di gioco insieme. Tre partite, in una sola ora.

https://www.linealaterale.it/home/wp-content/uploads/2021/07/Linea_Laterale_Articolo_Dauntless_Gameplay.mp4

Il futsal sta perdendo una occasione e non parlo solo a livello imprenditoriale, ma quella d’attirare e avvicinare anche alla fruizione della disciplina tradizionale, potenziali nuovi spettatori.

Ecco due “conti della serva”.
In questo momento una squadra di Serie A maschile, costa una cifra che legalmente non potrebbe superare i 420 mila euro. Una femminile potrebbe attestarsi intorno ai 140 mila. Non guadagnano un centesimo, non generano introiti. Sapete quanto costa una squadra di un videogame competitivo, circa 5 mila euro e non all’anno, ma di acquisizione attrezzature. I tornei con premi in denaro ci sono ogni fine settimana. Zero spese di trasferta, alta replicabilità, una base di giocatori pressoché infinita. Se siete sfortunati raggiungete i mille euro di utenze. Con seimila euro avete una squadra che può guadagnare soldi entro i primi sei mesi di attività.

Volete uno storyline per i videogame competitivi? Prendete un gruppo di ragazzini da una periferia metropolitana, qualcuno ai margini. Fateli diventare una squadra, giocando ai videogame, anche il futsal funzionerebbe, eccovi servita una narrativa emotiva.
Difficile, no.

Il futsal soffre di una gap generazionale, di una profonda distanza dalla sua base di praticanti. Calcetto e Futsal sono due sport completamente diversi. Non ha di fatto, un pubblico giovane di fans attivi. La base in questo momento è composta per la maggior parte da parenti e amici dei parenti. Perpetra un fallimento strutturale e comunicativo che è frutto di un fallimento imprenditoriale. Le tendenze non si subiscono, si anticipano.
 

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