3-0, perdo. Intervallo.

Come va? Va bene se non riesco a spiegarlo con una sola parola e mi scappa da scrivere?
Mi sento esattamente così.
Come se nella partita più importante della mia carriera, fossi sotto di tre gol, all’intervallo. Ho preso tre gol, almeno un paio evitabilissimi, in 45 minuti. Davanti a una valanga di persone. Ho peccato d’ingenuità, di arroganza, insomma non mi sono fatto mancare nulla.

Dov’è che ho letto di una storia simile. Ora se non ricordo male è ambientata allo Stadio Atatürk, Instambul. In quella parte d’Europa che diventa Asia così quasi confondendosi l’una con l’altra.

Un mercoledì di fine Maggio.
Il Milan ha appena concluso il primo tempo della finale di Coppa dei Campioni. È avanti di tre reti. Il suo avversario il Liverpool, non ha toccato palla, non è forse davvero nemmeno li.

Riesco solo ad immaginare come possano sentirsi i ragazzi dei “reds”. Oggi mi sento così, quasi o esattamente, forse non lo saprò mai. Cerco le facce in questo spogliatoio, quello spazio intorno a me. Devo trovare anche la forza di tornare lì fuori, perché ci sono ancora quarantacinque minuti da giocare. Fanno capolino da quell’ingresso messo a metà strada tra cuore e immaginazione Maria e il suo abbraccio è la cosa più straordinaria e inaspettata.

Come quell’ometto di Marco: “dai una birra”. Andrea, Sharon e se volete c’è una bella lista. Ci sono anche quelli che mancano, quelli a cui faceva troppo male rispondere perché quel fallimento brucia anche se c’è il secondo tempo. Forse quello fa ancora più paura. 

 

Quei ragazzi del Liverpool, sono usciti per andare incontro ad un miracolo sportivo. Salendo quei gradoni l’unica cosa alla quale andavano incontro era un passivo pesantissimo, una inevitabile sconfitta. Nelle partite, come nella vita poi bastano sei minuti. Il ragazzo di Liverpool, Steven la mette dentro di testa. Un errore del portiere avversario e ora sei sotto solo di uno, ma vuoi vedere che. Allora arriva “El Señor”, che sbaglia prima il rigore poi lo corregge in rete. Allora che senso ha pensano i tifosi inglesi un miracolo se non lo è fino in fondo. Le favole, hanno anche un lieto fine.

Forse andrà così, forse no. Resta forte in questo momento l’idea che Vialli sia andato via, prima di vincere lo scudetto alla Sampdoria, che abbia preferito andare a giocare al Tricase, oppure al Rovigo, dove conta più il rugby e il vino del calcio. Invece di fare la storia ha preferito la sua storia.

 

Ho ancora gli scarpini indosso, l’arbitro bussa alla porta per dirmi che devo tornare in campo, c’è il secondo tempo. Prendo fiato e ci provo. Questo posto odora già di fantasmi, bugie e tradimenti. Vado a respirare l’aria del campo, lì fuori.

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